Sono circa due settimane che rimando. Voglio scrivere del viaggio in Greenland. Perchè mi conosco, e so che se non lo faccio, qualcosa andrà irrimediabilmente perduto.
L'abitazione dove stavamo era fatta di legno, tipo palafitta. una scaletta di legno. la porta di ingresso era protetta da una specie di cabina di legno aperta da un lato che si è rivelata estremamente utile durante la tempesta.
il vento. il vento lo potevi vedere. certo, di solito vedi gli alberi che si muovono o il mare che si increspa e spumeggia. al limite la sabbia che solleva veloce. ma là era diverso. lo potevi veramente guardare. non credo nevicasse, ma era tutto bianco per la neve sollevata dal terreno. il cuore che mi batteva forte. guardavo fuori dalla finestra con gli occhi spalancati le linee bianche sfrecciare orizzontali e disegnare la tormenta che potevamo sentire con tutto il corpo. per qualche motivo i pali che sostenevano la casa non erano circondati da delle barriere come nelle altre abitazioni del paese. quindi il vento passava veloce sotto di noi e tutto attorno. la fragile casa di legno tremava. periodicamente il vento la scuoteva, quasi come se qualcuno la stesse prendendo a vigorose spallate. e allora sorridevo pensando al mago di oz.
il sottotetto era adibito a zona notte. il nostro letto era appoggiato alla parete su cui il vento batteva più forte. credo che li ci fosse una finestra prima, perchè si poteva vedere un'asse di legno rettangolare dalla quale per tutta la notte entrava aria gelida. credo di non aver mai dormito meglio di quella notte da quando sono arrivato in islanda. c'era qualcosa di rilassante da quell'inquieto cullare.
nel nostro "rifugio" eravamo solo in 5, nonostante ci fossero altri posti disponibili. il resto del gruppo, 13 persone credo, era nell'altra casa più grande e in qualche modo civilizzata. loro avevano l'acqua corrente, una doccia, e una caldaia a gas per scaldare l'acqua. un po d'acqua. perchè la maggiorparte hanno fatto la doccia fredda.
noi avevamo scelto di lasciare a casa i portatili. quindi per gran parte del tempo la casa era silenziosa. nonostante fossi inizialmente riluttante, alla fine ero riuscito a portare con me la mia chitarra, a dire il vero l'ho sbolognata a carlos che non aveva bagaglio a mano, e che mi ha anche procurato una vecchia custodia in pelle. bella tra l'altro. tutta sbiadita con la cerniera rotta e per chiuderla c'era banale ma ingegnoso laccio delle scarpe. sono grato di averla portata. anouchka aveva anche un flauto. ma era in fase di apprendimento. quindi il suono non veniva fuori pulito il piu delle volte.
e poi avevo portato anche il "gambard", il diapason vietnamita che gabriel mi aveva regalato alcune settimane prima. quella sera, poche ore prima di partire, mi aveva colto alla sprovvista regalandomi il suo gambard. so che vi era molto legato. me l'ha dato con entrambe le mani guardandomi serio negli occhi e dicendo "questo è per mostrarti il mio rispetto". wow. ci conoscevamo da meno di due settimane. ovviamente non ho avuto la prontezza di dire qualcosa di intelligente. ma poi ho preso il piccolo acquarello che avevo fatto con tanto amore. era la copia di una foto che avevo scattato vicino a bildudalur, nei west fjord. e dietro ho scritto un po in spagnolo e un po in italiano. e l'ho lasciato per terra di fronte alla sua porta. di li a poche ore avebbre preso l'aereo per tornare in francia per qualche giorno e poi a barcellona.
greenland. kulusuk. cani. tanti cani. mi verrebbe da dire lupi. anouchka mi aveva raccontato che nel gruppo precedente una ragazza che si era avvicinata per accarezzarne uno era stata ferita ad un braccio. quindi non mi sono mai avvicinato a meno di un metro e mezzo. tranne una volta. e si è lasciato accarezzare tranquillo.
c'erano voluti circa 40 minuti per decidere se era il caso o no di tentare di raggiungere il negozio per comprare un po da mangiare. in realtà credo che non avessimo veramente la necessità di comprare del cibo, era più la voglia di avventura che ci spingeva ad uscire durante la tormenta. anouchka e lena avevano provato alcuni giorni prima quando le condizioni meteo erano perfino peggiori, e non erano certe che fosse del tutto sicuro.
non avevo con me la mascherina da sci, quindi mi sono dovuto arrangiare con gli occhiali da sole. non ricordo se fosse giorno o notte, poco cambiava. per qualche motivo c'era una luce diffusa, probabilmente proveniente dalla neve tutto attorno, che permetteva in qualche modo di vedere qualcosa. ad ogni modo ogni passo era un salto nel vuoto, poteva esserci una collinetta, come un buco. in ogni caso inciampavi comunque. fu una strana cosa incontrare qualcuno in giro per il paese. altri turisti che venivano dal negozio. nonostante non fosse possibile vederli in faccia per via dei giubotti e delle maschere da sci, sono certo che avessero lo stesso mio sorriso stampato in faccia.
la prima cosa che vidi entrando nel supermercato furno i fucili. non ne avevo mai preso in mano uno prima. strana cosa pensare che li usano per procurarsi da mangiare e da vivere invece di usarli per sport e piacere personale.
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15 anni fa
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